Rane
Rane
Verso la metà degli anni '70 una sera d'agosto presi la macchina per fare un giro, senza una meta. Era una di quelle sere che ti senti solo e non sai perché, eppure non hai voglia di vedere nessuno.
Era tardi e la notte era calda e buia, afosa e senza luna. Finii in mezzo alle risaie tra Salussola ed Arro, guidavo piano e dal finestrino aperto entrava il gracidare delle rane. Fermai l'auto a lato strada e nel buio quasi totale salii sul cordolo tra due risaie seguendolo per un centinaio di metri. Tranquillizzate dal silenzio, le rane ripresero a gracidare a volume crescente. In pochi minuti il gracidare riempì il mondo, sembrava arrivare da oltre l’orizzonte.
Non avevo mai sentito, e mai sentii dopo allora, un frastuono animale più forte, migliaia di rane vicine e lontane, invisibili e inquietanti, vociavano con tutte le tonalità insieme. Fra tutte e sopra tutte si alzavano a tratti delle voci tonanti, baritonali, profonde, potenti come il ruggito di un leone.
Pochi minuti così e il mondo umano scompare, ogni pensiero scompare, la Terra è comandata dai batraci, le rane diventano individui ognuna con la sua personalità impositiva, accusatoria, ti senti un intruso, un imputato schiacciato da un giudizio definitivo, inappellabile.
L'auto è lontana, forse non c'è più, portata via da una grossa rana che ruba macchine su ordinazione.
Sono in completa balìa delle rane in un mondo di batraci autoritari. Provo a simulare un colpo di tosse, si zittiscono solo le piccole vicine, ma riprendono subito e il portentoso baritono poco lontano continua come prima la sua arringa di accusa.
Ora, credetemi, io a diciannove anni ho salito il Dente del Gigante, da bambino giocavo con le vipere a mani nude, non ho mai temuto, ragionevolmente, nessun animale, ma quella notte in mezzo a quelle rane ho provato un filo di panico. Con calma, e giuro mi sentivo seguito, ho fatto dietro front e sono tornato all'auto stupito e contento che ci fosse ancora.
Sono passati tanti anni e ora le risaie forse sono più produttive, forse sì, ma non ci sono più le rane.
Già all’inizio degli anni ottanta un articolo su un’autorevole rivista scientifica diceva che da decenni si registrava un calo delle rane e degli anfibi in generale, in tutto il mondo, comprese le enormi zone umide del Canada e altre zone teoricamente intatte. Nessuno aveva una spiegazione.
Tornando alle rane delle nostre risaie penso che le dosi accumulate per anni di fertilizzanti, di fitofarmaci, di diserbanti per gli argini e chissà cos’altro le abbiano fatte quasi sparire. Inoltre c’è che ora nelle risaie si usa meno acqua, quasi solo in primavera, e questo è un bene, vista la penuria dovuta al riscaldamento globale.
Ma le rane, quegli splendidi animali primitivi, sono state pesantemente colpite. Ce ne saranno ancora un cinque percento, a dir tanto, e sono piccole, non riescono a crescere. Nei mesi estivi di quegli anni lungo la strada per Vercelli in certi punti una poltiglia scura di rane schiacciate copriva l’asfalto, luccicava di notte davanti ai fari delle auto, scivolosissima specie dopo la pioggia. Passando di giorno si vedevano sui cordoli delle risaie e lungo i fossi i pescatori, ma più spesso e le pescatrici di rane, un largo cappello, un grembiule con una sacca dove mettere le rane pescate dopo aver loro rotto una zampa perché non saltassero. La canna da pesca era improvvisata con un lungo bastone o un bambù, uno spago come lenza e appeso un ranino ( o un brandello di ranino ) a fare da esca. Pescavano sotto il sole per ore ed ore. E poi a casa quelle signore avevano un’abilità speciale nel pulirle velocemente (con le forbici, non sto a spiegare) prima di cuocerle impanate e fritte. Al mercato di Biella ogni banco del pesce aveva, in una cesta posata a terra, diversi chili di rane vive, tutte con una zampa rotta perchè non saltassero fuori, e infarinate con la farina di polenta perchè fossero un po' più maneggiabili quando si trattava di prenderle, a manciate, e pesarle. Faceva uno strano effetto vedere tutti quegli occhi che ti guardavano dalla cesta in quella poltiglia di colori verde chiaro e bianco, sfarinate di polenta. Lo so questa storia della zampa rotta ci disturba parecchio, allora era normale, oggi ci dà fastidio anche solo a parlarne. Come cambiano le sensibilità! Crediamo di essere migliori? non diciamo cavolate, quando la rana è fritta nel piatto nessuno ci pensa ai suoi trascorsi, tutto è dimenticato.
Le rane sono anfibi anuri (senza coda) : sangue freddo, potenza esplosiva, agilità e riflessi da grande atleta, resistenza al freddo, adattabilità a tutti gli ambienti purché con acqua almeno per la riproduzione, un ciclo vitale lungo, complesso, che comprende stati diversi e una metamorfosi, resiliente e adattabile a tante condizioni anche molto avverse. La stupefacente trasformazione del girino in rana, con la scomparsa della coda, è stata spiegata solo da poco, tirando in ballo nientemeno che la meccanica quantistica!
Ma contro le angherie dell’uomo verso la Terra e gli ambienti anche loro sono inermi, e soccombono a milioni.
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