Purchetaj la festa del maiale
Sono passati tanti anni e il mio ricordo è certamente frammentario, ma è una testimonianza della tradizionale macellazione del maiale, “ fé purchetaj ” come si dice in dialetto. Una tradizione con molte varianti che può cambiare di paese in paese, che si è evoluta nei secoli con il cambiare delle condizioni e degli strumenti. Forse è un metodo che oggi non si usa più, ma è bene che ne resti un ricordo. Le leggi, che spesso sono solo apparentemente giuste, in ragione di eccessive regole d’igiene o di etica, hanno cancellato una tradizione secolare. Tradizioni che si sono formate intorno alla concreta necessità di conservare le carni macellate senza l’ausilio del freddo, senza i frigoriferi, e non è cosa facile.
Oggi è una domenica di fine dicembre del 1964, papà mi ha portato a Biella alla stazione dei pullman che è in via Carso. Il pullman per Piedicavallo è partito alle 8, e sono sceso a Passobreve, frazione di Sagliano Micca, dove mi ha aspettato Valter, mio grande amico da quegli anni in poi. Siamo andati subito su verso il centro della frazione in un grande cortile dove abita suo nonno. Questo è un giorno speciale, si uccide il maiale.
Il nonno ha allevato per tutto l'anno un maiale in un piccolo porcile attigua al giardino. I maiali sono animali molto intelligenti e affettuosi come i cani, è impossibile non affezionarsi, specialmente per chi ne alleva solo uno o due. Il nonno, infatti, in queste prime ore non è presente, si è allontanato senza dir niente a nessuno, dev’essere un momento molto doloroso per lui. Più tardi ci racconterà che il maiale (che aveva un nome come si dà ad un animale di casa, ma lui gli parlava chiamandolo anche “mio caro socio” o appellativi simili), negli ultimi due giorni non aveva mangiato nulla, forse aveva presagito qualcosa.
Nel grande cortile c'è già un certo movimento di gente e altri arrivano alla chetichella. Ci sono anche numerose ragazzine, e ragazzi, tutti ben vestiti e parlano tra loro, dopotutto è domenica. Nella parte alta del cortile - qui nella valle non c’è mai nulla di pianeggiante, neanche i cortili - è già pronta una specie di grande panca fatta di assi, e c'è qualche tavolo fuori dalle case con alcuni recipienti come pentole, secchi e attrezzi vari.
Alla trave che sostiene il fienile hanno attaccato due carrucole e le corde pendono fino a terra. Per l'occasione sono arrivati diversi parenti e amici e tutti chiacchierano a bassa voce. Anche se tra gli abitanti dei cortili spesso ci sono forti antipatie e a volte aspri litigi, oggi prevale la coesione, l’aiuto reciproco, come in una grande famiglia.
Ad un certo punto tre o quattro uomini vanno a prendere il maiale e lo conducono, legato per le zampe posteriori, guidandolo con dei bastoni e un po’ trascinandolo, fin sotto la trave del fienile. È un animale magnifico, pulito, in piena forma, alcuni stimano che superi i 130 chili. Subito gli legano gli zampini posteriori con le corde delle carrucole e immediatamente iniziano a tirarlo su, mentre lui comincia a levare alte grida.
Dal primo grido in poi tutto si svolge più in fretta, è evidente l’intenzione degli uomini che vogliono abbreviare le sofferenze di un animale che grida non per il dolore fisico, ma per la paura, ha capito la situazione. Le grida dei maiali in queste circostanze sono fortissime, estremamente acute e graffianti come una lamiera d’acciaio che viene sfregata. Laceranti, insopportabili, chi le sente non le potrà mai dimenticare. Sono l’espressione di un terrore immenso e ti entrano nell'anima e nel cuore.
Io sono in una posizione un po’ laterale e non posso fare a meno di vedere gli occhi di quella grande bestia, anche così a testa in giù il suo sguardo rivela la piena coscienza del momento che questo animale sta vivendo. Appena viene issato del tutto, con il muso che non tocca terra e girato in modo da presentare la pancia verso il cortile e gli spettatori, le corde vengono legate ai muri laterali e subito un piccolo uomo si avvicina con un lungo e largo coltello, due altri uomini tengono divaricate le zampe davanti e hanno pronto un grosso secchio di metallo zincato.
Tutta la gente del cortile si è ammutolita, alcuni sono entrati nelle case, non vogliono vedere. Il piccolo uomo con il coltello non è un macellaio, è il "salamat" lo specialista per fare i salami che viene chiamato sempre in queste occasioni.
Non perde tempo e con mano ferma spinge la lama chiara nel collo della bestia, dal basso verso l'alto finché rimane fuori solo il manico. Il primo affondo taglia la trachea e le corde vocali, il grido smette subito. Senza estrarre del tutto la lama spinge un secondo affondo, la lama mentre taglia la pelle e il grasso del collo fa un suono sottile e sibilante di sfregamento. Un suono del tutto inaspettato, che non dimenticherò mai.
Il secondo affondo è verso l’alto e raggiunge i grossi vasi intorno al cuore.
Subito ne esce un fiotto potente di sangue rosso brillante, che dura a lungo, fumante nell’aria fredda, a fiotti sempre più deboli, fino a riempire il grande secchio di metallo. Pian piano riprendono le voci dei presenti mentre la bestia si scuote a tratti nell'agonia, poi si ferma del tutto.
È finita la prima fase, quella drammatica, anzi, tragica. Quando il sangue smette di gocciolare gli uomini calano il maiale e lo mettono disteso sulla panca di assi, mentre arrivano i primi secchi e pentoloni di acqua bollente, preparati credo nelle varie case del cortile. Più persone cominciano allora a togliere le setole da tutto il corpo raschiandole con grandi coltelli, la pelle appare chiara e liscia e le setole cadono a mazzi intorno alla panca, mentre si levavano nuvole di vapore. Ci vogliono molti secchi e molto tempo. Poi la bestia viene di nuovo issata con le carrucole e comincia un'altra fase. Con un coltello grande e un po’ panciuto viene praticato un taglio della pelle tra le zampe posteriori, dall' alto in basso e con precisione sempre più in profondità fino a mettere in vista gli organi interni. Questi vengono abilmente asportati ad uno ad uno per gli usi successivi, del maiale non si butta nulla. La disposizione e l'anatomia degli organi è uguale a quella umana, ma questa non è una operazione impressionante, anzi è un bello spettacolo, ricco di colori e forme affascinanti che luccicano nel sole di questo freddo mattino d'inverno. Il salamat fa notare, con malcelato orgoglio, come i grossi vasi intorno al cuore, e il cuore stesso, siano stati raggiunti dal suo grosso lungo coltello. Dal fegato, appena staccato, viene tolta intera la sacca della bile, la cistifellea, per evitare che il suo umore amarissimo rischi, in caso di rottura, di contaminare il fegato o altre carni. I polmoni vengono gonfiati a bocca soffiando nella trachea, diventano enormi, di un bel colore rosa cipria. Poi la trachea viene legata cosicché i polmoni rimangano ben gonfi, e vengono portati via e appesi in casa. La grossa massa degli intestini, insieme allo stomaco, viene posta in una grossa bacinella, di quelle per il bucato, e consegnata alle donne che li prepareranno per essere usati per gli insaccati. Se ben ricordo anche la vescica, che appare ora come una sacca sferica piena a metà di liquido paglierino, sarà usata per fare un insaccato speciale.
Ormai tutto è stato tolto e portato in casa in bacinelle e catini, appare enorme la cavità del corpo, dove rimangono solo i due reni, affondati nel grasso accosto alla colonna vertebrale, saranno più facilmente asportati nelle fasi successive.
Si tratta adesso di dividere a metà la grossa carcassa, cosa che si fa con una mannaia e una piccola scure che viene usata anche a rovescio come un martello a colpire la mannaia per dividere a metà il bacino e ogni vertebra fino al collo. Anche la testa viene divisa in due fino alla punta del muso. Poi con attenzione le due mezzene vengono portate in casa dove saranno disossate con coltelli appositi e aiutandosi con una sega da ossa. Questa operazione richiede molta perizia e competenza per rispettare l'integrità delle varie parti, destinate a trattamenti diversi. Tre o quattro persone ci lavorano e in poco tempo il maiale non esiste più, trasformato in tanti pezzi ordinati per tipo.
Ormai è passato mezzogiorno e le donne intanto, operose e organizzate, hanno preparato una lunga tavolata, aiutandosi con assi e cavalletti, dove facciamo un bel pranzo. Vengono servite principalmente le frattaglie fritte, il cuore, pezzi di fegato e le animelle cioè il midollo e forse le cervella e altre parti. A parte queste “primizie” è un pranzo frugale, ma non possono mancare le patate bollite e fumanti, il Maccagno, il pane fresco e i bottiglioni del vino. Subito dopo il caffè la lunga tavolata viene disfatta e ricomposta per montarci le macchine per tritare la carne, solo i pezzi sapientemente scelti per i vari tipi di insaccato. La carne tritata, messa in grandi contenitori, viene mischiata alle spezie, sale, salnitro, pepe e non so cos'altro, e impastata per bene. Poi, usando budelli già pronti, acquistati in macelleria o portati dal salamat, con la macchina insaccatrice si comincia a fare i salami. Questi vengono legati uno ad uno con una cordicella con gesti abili e veloci, stando attenti che l’impasto sia ben compatto in ogni salume, per evitare bolle d’aria che lo farebbero irrancidire. Si faranno diversi tipi: salami da mangiare crudi, cotti, salsicce da cuocere a lungo perché contengono anche la cotenna, e salciccetta da mangiare fresca. I salumi saranno poi appesi in locali freschi e moderatamente aerati, dove si asciugheranno e si conserveranno a lungo.
Si è fatto metà pomeriggio, naturalmente i lavori continueranno ancora, anche nei giorni successivi, ma la scorta di carni e salumi, da mangiare e da vendere o barattare è ormai assicurata.
Il nonno certo soffrirà ancora quando domani andrà a ripulire per un’ultima volta il porcile ormai vuoto. Penso che nessuno debba entrare nei pensieri di un allevatore in momenti simili. La carne che gustiamo nel piatto la paghiamo in tanti modi diversi.
In quella giornata Valter fu sempre con me, lui partecipò molto ai lavori aiutando tutti, io invece più piccolo, ma soprattutto un po’ straniero, feci solo da spettatore. Come per tante altre occasioni lo ringrazio molto ancora oggi per avermi invitato a vivere una giornata così speciale e istruttiva.
Papà arrivò a prendermi con la Fiat 600 che era ormai buio, tornando a casa mi chiese come fosse andata la giornata. Non riuscii a dirgli quasi nulla, ero ancora tutto preso a metabolizzare tutto ciò che avevo visto. Ma dalla sua espressione, forse da un impercettibile sorriso, capii che aveva capito. Lui di giornate simili a questa doveva averne vissute molte, da ragazzo e tra le due guerre. In quegli anni in tante famiglie, e anche nella sua, si allevava il maiale.
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