sabato 3 maggio 2008

Sulle Vipere

Sulle Vipere 

Ogni tanto mi tornano alla mente degli episodi dei mesi estivi passati in Valle Cervo, da bambino o poco più. Quando facevo colazione con quattro pagnotte nel latte e poi uscivo per prati e torrenti e boschi con gli amici oppure da solo. Tornavo solamente per il pranzo e la cena e andavo a dormire ricco di molte esperienze nuove, tanto che se ripensavo a quello stesso mattino esso mi sembrava lontanissimo, un’altra vita... ora non mi succede più. 

Già quando avevo nove o dieci anni era normale che me ne andassi da solo o con mio fratello per i boschi a cercar funghi, sempre munito di bastone e, papà insisteva per questo, di un buon paio di stivali. Spesso tornavo con una vipera penzoloni sul bastone e con questa attraversavo orgoglioso il paese facendo un giro un po’ lungo prima di giungere a casa… così come per caso.. Ma in particolare ricordo qualche episodio.

Avevo nove anni, credo, e quel giorno avevo preso una bella Coronella Austriaca (Colubro Liscio), un serpentello che somiglia parecchio ad una vipera, ma è innocuo e di indole tranquilla, si ciba principalmente di lucertole come fanno pochi altri serpenti. L’avevo presa dopo le abituali perlustrazioni sotto l’orlo del muretto della strada tra Montesinaro e Piedicavallo . E poi? poi ci si gioca no? 

E alla fine l’avevo appesa legata per la coda giù dal balcone che dava sulla strada, pendeva giusto davanti alla finestra della cucina dell’appartamento sotto il nostro, che era sfitto. La mattina seguente giunse una bella famigliola a vedere l’alloggio da affittare, la giovane signora era incinta di otto mesi e per poco non svenne alla vista del serpentello che le penzolò davanti appena aperta la finestra, comunque l’alloggio lo affittarono lo stesso ed io mi presi una logica sgridata; però quell’episodio fu ricordato per tanti anni. 

Ma la volta che mi sgridarono di più fu quando persi una Coronella Austriaca viva nientemeno che in camera da letto. L’avevo presa viva e intatta e dopo averci giocato tutto il giorno la portai su nelle camere e la misi in un sacchetto; in realtà era una custodia di nailon di un ombrello, era trasparente sottile e un po’ malridotta l’avevo capito, ma insomma era tutto quello che avevo trovato. Annodate con lo spago le due estremità lasciai il sacchetto su una sedia. Dopo la cena andai a letto per primo con l’intento di controllare e celare meglio la mia preda, ovviamente non ne avevo fatto parola con papà e mamma. Ma il sacchetto era vuoto…. cercai dappertutto ma senza risultato; il tempo stringeva… tra poco sarebbero saliti tutti per dormire.. e poi c’era anche un bel temporale… Insomma prima che la situazione peggiorasse scesi e annunciai il fatto minimizzando la cosa… Seguì una mezz’ora concitata con tutta la famiglia che cercava la coronella sotto i letti e negli armadi. Avevamo appena cominciato che mancò la luce per via del temporale e continuammo a lume di candela. Per fortuna dopo un po’ la trovai che era arrotolata al sostegno dei cuscini verticali del sofà. Non oso pensare cosa sarebbe successo se non l’avessimo trovata, dormire con un serpente in giro per la camera da letto è una cosa che inquieterebbe pure me, figurarsi gli altri. La mamma me ne disse di tutti i colori e pure papà era alquanto seccato. 

La prima vipera l’avevo presa all’età di nove anni, qualcuno non ricordo chi l’aveva avvistata ad una certa curva del sentiero che porta al torrente, ci andai accompagnato da mamma ed altri un giorno di primo pomeriggio, era proprio lì distesa su una pietra piatta che esiste tuttora, sembrava aspettarmi povera bestia… per tanti anni ha resistito in un barattolo in solaio immortalata sott’alcool.

Un giorno, erano le nove del mattino, Valter ed io portavamo a pascolare le mucche e passando sul ponte del Pinigrant - ora non c’è più - vedemmo un pipistrello che volando passava e ripassava sopra il ponte e poi guardammo giù sul greto del torrente, c’era una grossa vipera aspis sopra un sasso in piena vista vicino all’acqua, scendemmo e la uccidemmo, come si usava allora. Pensammo che era stata lei ad intrattenere un pipistrello a girare in pieno sole al mattino, forse grazie ad un effetto ipnotico. Ora mi sentirei di escluderlo e preferisco rimanere nel dubbio, ma io di pipistrelli alle nove del mattino non ne ho mai più visti. 

Un’altra volta mi trovavo alle “Bose” lungo la strada per la Valdescola - è inutile che spieghi dov’è, i toponimi stanno sparendo tutti - e cercavo funghi, ero sceso nel folto venti metri sotto il sentiero dove Valter mi aveva detto di aver trovato dei porcini l’anno prima, stavo risalendo ed era un posto ripido e infame tra erbe alte e rami rotti con le felci che mi arrivavano al petto e non vedevo dove camminavo. Che effetto sentire il fischio della vipera che, tra i miei piedi, mi avvertiva minacciosa della sua presenza, feci un passo indietro anche per poter vedere ed ecco un altro fischio ancor più forte mezzo metro alla mia sinistra, erano due!! Chi non l’ha sentito non può sapere quanto sia inquietante e rabbioso il fischio della vipera, e come la sensazione sia amplificata dal fatto di essere soli e distanti dal paese e anche dal sentiero. Proprio non me l'aspettavo una vipera in quel punto ombroso e umido, e invece dev'essere un buon territorio di caccia per loro, forse ci sono topolini o forse i toporagni che stanno anche in zone umide, infatti anni dopo ho trovato altre vipere in ambienti simili nel sottobosco con felci, erbe fitte, rami marcescenti e sassi. Buona caccia vipere.. quella volta le lasciai andare anche perché era così fitto che solo di una delle due riuscii a vedere la coda... 

E poi quel pomeriggio quando mi trastullavo con una vipera catturata al mattino, viva ma morente, sul muretto davanti a casa lungo la strada per Piedicavallo, istruendo i passanti curiosi sui segni di riconoscimento delle vipere (quanto interesse!! ) poi, rimasto solo per un po’, stavo ripulendole il collo con le dita per togliere una macchiolina di sangue quando questa con un moto improvviso si gira alza la testa a bocca aperta verso le mie dita e ricade esausta, sento un dente velenifero grattare sul polpastrello dell’indice, e ricordo il pallore che mi sono sentito addosso. Dicevano che le vipere uccise non sono mai morte finché non cala il sole al tramonto. Mmah… ! 

E ricordo di quando nell’unico negozio di Montesinaro le mamme in villeggiatura si incontravano per la spesa mattutina e succedeva che si passassero parola quando veniva avvistata una vipera, più spesso un biacco o una coronella, a volte era solo un orbettino, nel giardino di qualcuno, e quindi riferivano a me tramite la mamma, ed io ero orgoglioso di andare a presidiare l’orto o il giardino per una mattinata intera ad aspettare il mostro … bei tempi! 

Una volta avevano preso una Coronella Austriaca nel giardino di una famiglia di Genova che, come noi, era lì in villeggiatura. Mappy, la figlia forse quindicenne – molto graziosa, bionda e gentile - mi pregò di aiutarla a mettere sott’alcool la coronella per conservarla. La seguii felice ed orgoglioso nella casa fresca, signorile. Mappy mi procurò un barattolo e l’alcool, vi immersi il serpentello morente e lo disposi in bella mostra aiutandomi con uno stecco mentre lei osservava attenta. Insieme condividemmo un momento di turbamento: lei per la vista dell’agonia del rettile, io perché abbagliato dalla tenue luce dei suoi capelli biondi nella penombra della casa, dai suoi occhi di stella, avevo dieci anni. 

Dodici anni, mi avevano detto che a Milano c’era un Istituto sieroterapico che acquistava vipere vive per poi allevarle ed utilizzarle per la produzione di siero antiofidico, notizia più che sufficiente per stimolarmi ad avviare una certamente fruttuosa attività di viperaio. Seguendo gli insegnamenti un po’ fantasiosi e scanzonati di Vittorio il falegname – da bambino frequentavo la sua bottega per giocare, era uno spasso stare con lui – mi fabbricai gli attrezzi del mestiere cioè un paio di “molle” come quelle che si usano per attizzare il fuoco, ma fatte di legno e lunghe solo trenta centimetri, poi, per trasportare le vipere, una specie di sacchetto con il manico : immaginate un acchiappafarfalle che al posto della rete abbia un lungo sacchetto di tela. Ficcata dentro la vipera bastava dare un giro di manico e rimaneva chiusa in fondo al sacco. Provai anche a costruire l’ “Acchiappavipere” un parto della fantasia scherzosa di Vittorio il falegname: un bastone con un cappio fatto da uno spago fissato in punta e che risale il bastone fino all’impugnatura : mentre la vipera striscia occorre infilarle il cappio al collo e stringerlo tirando lo spago… forse avrebbe funzionato a condizione di trovare vipere lente e collaborative… Optai per un comune bastone, scarpe da ginnastica per non farsi sentire e voilà il viperaio è pronto. 

Ora sorrido al ricordo dell’emozione che provavo alla partenza per le escursioni in cerca di vipere, partivo da solo risalivo i sentieri soleggiati pensando a dove erano state le catture o gli avvistamenti negli anni prima a dove erano i posti più probabili per trovarle, e l’emozione era autentica e intensa come succede da ragazzi. Inoltre a quei tempi non sapevo che le conseguenze di una morsicatura di vipera non sono poi molto gravi, pensavo fosse spesso mortale, come dicevano allora. Camminavo per ore uscendo dai sentieri, scendendo nel greto dei torrenti e risalendoli per lunghi tratti, sempre stando al confinare col bosco, camminando piano con circospezione senza smuovere sassi senza fare rumore. Camminavo con tutti i sensi all’erta stando attento ad osservare ed ascoltare tutto, compreso il canto degli uccelli ed ovviamente ogni fruscio, alla presenza o meno di lucertole…cercando tra i sassi l’unico segno che può rivelare la presenza di vipere in zona: i brandelli della muta della pelle… Spesso succedeva che, nonostante le mie precauzioni, fossero le vipere a sentire me e quindi si ritiravano lentamente, sentivo solo il fruscio delle loro squame tra le pietre o le foglie secche, avevano sempre un rifugio vicino e sicuro. Ne vedevo una spanna o la sola coda che spariva tra le pietre ai bordi delle pietraie e non mi restava altro da fare che mandare a mente il luogo per poi tornarci. A volte provavo ad appostarmi ed aspettare che la vipera uscisse di nuovo, ho passato diverse ore seduto su un sasso ad aspettare in silenzio, ma non uscivano mai, era comunque eccitante mantenere l’attenzione al massimo pensando che la vipera avrebbe potuto riapparire, silenziosissima, in qualunque punto intorno a me. 

Una sola volta l’attesa non fu vana, ero con Roberto, amico e compagno di tante avventure, ed eravamo al Pian del Burun alla base di una grande lunga pietraia che già avevamo perlustrato per buona parte del perimetro. C’era una propaggine di pietraia pianeggiante a fianco del prato, una zona ombrosa per via del bosco che riprende a ovest, c’era una betulla e il sentiero passava lì vicino, sentimmo la vipera che se ne fuggiva .. il solito inconfondibile fruscio e Roberto la vide sparire un un buco tra i massi. Ci disponemmo all’attesa lui di qua ed io di là della grande e lunga pietra vicino alla quale era sparita la vipera. Era metà pomeriggio, un raggio di sole tra i rami ci illuminava e ricordo lo sciame di mosche e moscerini che ci infastidivano, e noi lì fermi e zitti…. Certe cose si fanno solo da ragazzi. Dopo un bel po’ la vipera riapparve, Roberto me lo comunicò con la mimica facciale e con gli occhi, era appena oltre la lunga pietra dalla sua parte, io non la vedevo e lui non poteva muoversi perché era in piena vista e lei forse sarebbe scappata al minimo movimento. D’accordo con le caute indicazioni di Roberto lentamente mi alzai e poi d’improvviso mi sporsi oltre la pietra la vidi e la bloccai con la punta del bastone prima che scappasse, ma senza premere per non farle male, poi la presi con le molle (come sembrano corte le molle di trenta centimetri quando la vipera si divincola!) e la infilai nel sacchetto porta vipere, un giro al manico ed ecco fatto, conclusa la faccenda. Era una bella Aspis di più di settanta centimetri, dai colori scuri forse adattati alla zona dove viveva. Mi pare di aver riscontrato che i colori delle vipere pur essendo sempre sul rossastro con macchie nere più o meno zigzaganti sul dorso, sono di un rosso più marcato e chiaro nelle vipere catturate in zone apriche e soleggiate, più scure le livree di quelle catturate nel sottobosco. Anche se pochi anni fa ho avuto occasione di osservare tre esemplari di aspis di stessa taglia intorno allo stesso sasso sotto il quale c'erano le tane, sembravano sorelle e avevano tre livree diverse una rossastra una grigia e una scurissima quasi nera. Purtroppo il grosso sasso era vicino ad un sentiero e l'anno seguente ripassando di lì vidi che era stato spostato evidentemente per dar loro la caccia, e le tre vipere non c'erano più. 

A quei tempi noi ragazzi affittavamo per poche lire un paio di stanze in una baita disabitata ai margini del paese, si andava a chiacchierare e a volte a giocare a carte o anche a ballare con qualche ragazza. Avevo portato lì una cassa di legno chiusa sopra da una rete metallica fine e lì dentro ci mettevo le vipere. Il problema era alimentarle… provai con il latte poi con topolini vivi e morti ma non ci fu nulla da fare non mangiavano niente. Avevo anche telefonato a qualche farmacia della valle e poi di Biella chiedendo se acquistavano vipere vive per fare il siero antiofidico… Ma cascavano tutti dalle nuvole, nei casi migliori mi dicevano che forse a Milano… senza però mai darmi indicazioni più precise. Una volta ci scherzai pure: “Sono qui all’angolo, gliela porto subito… “ suscitando una vivace reazione del farmacista :-) .

Finì che lasciammo la cassetta con un paio di vipere ad un signore del paese anche lui interessato a quelle povere bestie… ma, forse indebolite dalla fame, non passarono l’inverno. Fu un’esperienza amara e da quell’anno in poi smisi di catturare vipere, e poi cambiarono i tempi e la sensibilità delle persone verso gli animali. Da allora quando ne incontro una al massimo le tiro la coda e la trattengo per osservarla meglio. Certo si arrabbia e spaventa un po’, ma è meglio così perché le serve da ammaestramento di modo che abbia ben chiaro che fra tutti l’animale più pericoloso è l’uomo. 

Sera di primavera '99

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