domenica 28 novembre 2010

Una corsa nella Bessa

Anche se è tardi questa sera ho deciso di fare una corsa prima di cena; entro nella Bessa come sempre da Borriana dopo essermi liberato della tuta e aver nascosto le chiavi della macchina sotto una pietra vicino al ponte.

Un po' fiacco, per nulla allenato, comincio a correre sopra il ponte nel sole ancora caldo, poi è come un tuffo nelle stradine ombrose della Bessa sommerse dai rami di acacia che si chiudono ad arco sì che sembra di stare in un tunnel verde che conduce in un mondo diverso.

A volte basta poco tempo, a volte di più per staccarsi dai pensieri del lavoro e cominciare a godere del momento; per prima cosa bisogna guardarsi bene intorno per trovare interesse al posto e alle mille sensazioni che può suscitare, poi comunque occorre "rompere il fiato" perché la corsa non sia più fatica e si sciolga in un gesto automatico e ritmato.

Poi, quando lo spirito è libero, comincia il piacere; per prima cosa ci sono i profumi, un universo di profumi che per essere gustato richiede attenzione e presenza. Il profumo dell'erba, molto pieno dopo le piogge di questi giorni, è fortissimo quando si fiancheggia un prato, poi odori a volte intensissimi di certe piante rampicanti con fiori bianchi dal profumo addirittura inebriante, mi è capitato di sentirlo da più di cinquanta metri dalla pianta che lo emanava. Questa sera c'è un odore particolare in certi punti; forse perché è il momento della massima foliazione nei tratti di sentiero più chiusi dalla vegetazione, aleggia un sentore di umido e di muschio e l'aria è ferma sotto la volta di foglie ed è stupefacente come, appena usciti dal bosco, cessa d'improvviso e comincia quello più intenso ed aspro dell'erba nuova. In questi momenti vorrei avere l'olfatto di un segugio, chissà quante meraviglie potrei scoprire, ma già così con un po' di attenzione a ogni metro c'è una sensazione diversa ed è bello cercare intorno, con gli occhi, la pianta o il fiore che l'ha provocata. E poi i rumori, un altro universo da scoprire. Il canto degli uccelli che s’interrompe e si sposta al mio passaggio, il mormorio del torrente Elvo che scompare e poi riprende quando il sentiero s’innalza, il fragore dei grilli e il crepitare dell'erba secca dovuto alle cavallette che fuggono al mio passo, e i fruscii brevi ma improvvisi delle lucertole e poi molto di rado il frullare delle quaglie che si levano di scatto facendomi sempre sussultare, e il grido sgraziato dei fagiani, sempre lontano. E gli animali rari a vedersi, la lepre, la volpe, il tasso formidabile signore del bosco, poi le minilepri, una specie di coniglio selvatico, sembrano un cartone animato con il loro batuffolo bianco della coda che scompare nel folto saltellando. Sono compagni di viaggio, forse è grazie a loro che torno a correre qui nella Bessa più volentieri che altrove. E intanto corro e sono coperto di sudore nell'afa di questa sera di giugno. Chissà perché, pur conoscendo decine di stradine qui nella Bessa, scelgo spesso come meta la Fontana Solforosa; forse perché ho un paio di amici da salutare per strada o forse per la brevità del tragitto peraltro molto vario. Gli amici sono un cane chow-chow, qualche trota e un pastore tedesco, credo che ormai siano stufi di vedermi passare a intervalli irregolari ormai da anni, li saluto sempre con la voce. Dopo il ponte, l’itinerario si snoda per una stradina in salita che mi porta a fiancheggiare alcune cave di ghiaia fortunatamente abbandonate; si passa vicino a una sorgente poi c'è un tratto in forte salita e in trincea. Il sentiero diventa strettissimo con sassi rotondi e rotolanti, va a sfociare in una radura selvaggia e la attraversa. Più avanti si passa vicino a una strana costruzione con relativo terreno cintato che sembra un villaggio delle fate; poi il sentiero s’innalza per l'ultimo strappo che porta in cima al crinale dove ci sono alcune case e una strada sterrata. Si scende ora verso la Fontana Solforosa, si passa vicino al chow-chow a guardia della sua casa, si attraversa la strada che da Mongrando porta a Cerrione, si discende ancora fino ad attraversare il rio Parogno dove di solito si vedono le trote. Un ultimo tratto in salita porta alla Fontana Solforosa, dove vive un pastore tedesco che però si vede di rado. Poi il ritorno passa per la stessa strada ed è più veloce perché in gran parte è discesa. Spesso correndo il pensiero va ai tempi dei romani che proprio qui cercavano l’oro con grande dispiego di mezzi, o meglio di uomini. Sto correndo sugli smisurati scarichi di ghiaia e sabbia dei loro secolari lavaggi e mi sforzo di immaginare il panorama di allora, una miniera a cielo aperto, sassi e terra e ghiaia forse a perdita d’occhio.

Certo non c’erano tutte queste querce, queste acacie eccessive, questa invadente vegetazione pioniera che negli ultimi anni ha tolto alla Bessa il fascino di uno dei più grandiosi resti storici delle attività umane. Quanti erano gli uomini qui impegnati a lavorare? Com’erano vestiti? Dove dormivano? Che cosa mangiavano? C’erano anche allora le zanzare che da giugno a settembre ora torturano i passanti? Chi portava loro da bere nelle torride giornate estive? E l’inverno? Qui d’inverno è una ghiacciaia con la Serra a ovest che accorcia le giornate e anticipa il tramonto. Che canzoni cantavano lavorando? Povera gente, senza neanche la speranza di fare fortuna come i cercatori d'oro delle Americhe. E mi sembra e mi sforzo di sentire i loro canti, le loro parole, mi fermo e ascolto, “Age quod agis…” ! ma va là, è la mia immaginazione! 
Chissà, forse il suono di qualche parola si può essere perso rimbalzando in echi periodici e circolari nelle insondabili profondità degli enormi depositi di pietre tonde, e magari è uscito adesso. 
Abitualmente non incontro mai nessuno date le ore balzane in cui corro di solito, cioè la domenica mattina sul mezzogiorno oppure la sera a ora di cena, e proprio il fatto di non vedere persone mi dà una sensazione di possesso di tutto il territorio, come fosse un mio parco privato e bellissimo, piante, cani, case, uccelli e corsi d'acqua compresi. Anche il fatto di passare di corsa e con piena padronanza del terreno contribuisce alla sensazione di possesso: c'è molto fango sul sentiero vicino alla sorgente? nessun problema, si aggira entrando e uscendo con quattro salti dal bosco, è solo un diversivo, i muretti? si salgono con un passo in arrampicata e si scendono con un salto magari appoggiando una mano sul bordo senza interrompere la corsa.

Appena giunto alla Fontana Solforosa é tradizione un'occhiata all'orologio e un sorso dell'acqua odorosa, la sosta dura un paio di minuti, poi si ritorna.

Ma del ritorno non voglio parlare, preferisco pensare che la corsa continui, vagante e leggera e senza fatica, in modo che lo spirito, il pensiero, e una parte del cuore rimangano qui a presidiare la Bessa, in qualche modo a proteggerla. A sentire l’oro vicino e imprendibile, ad aspettare che altri echi fuoriescano dagli ammassi di pietre, a coltivare la segreta speranza di sorprendere le fate che certo qui hanno dimora.



Notte d’estate ‘89

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