Evento alluvionale del 2-3 ottobre 2020
C’era una volta il ponte
Le previsioni meteo l’avevano annunciato che sarebbe stata dura. È venerdì sera e a Biella cade ancora una pioggia forte, compatta. Grazie a internet, e alle indicazioni del mio amico geologo, sto guardando in diretta il grafico dell’idrometro automatico del Cervo, è a Passobreve. Come una febbre la linea sale ripida verso la pre-Soglia di Guardia, poi verso la Soglia di Guardia, poi verso la Soglia di Pericolo, accidenti! A Passobreve! più giù cosa succede, e più su?
Barbara ed io siamo preoccupati, ma non possiamo fare nulla e all’una di notte andiamo a dormire, piove sempre forte e c’è molto vento. Alle quattro vado in mansarda a controllare una goccia misteriosa del tetto. Ora piove molto meno, ma c’è ancora vento, qui a Biella, ma in valle? Guardo di nuovo la linea dell’igrometro, è salita ancora, è oltre la soglia di pericolo. Accidenti!
Al mattino torno a guardare la linea, dopo le 4 di notte ha cominciato a scendere, alle 5 era alla soglia di guardia, cioè un metro più sotto di dove era arrivata al suo massimo, alle 11 arriverà alla pre-soglia di guardia. Il peggio è passato, mi dico.
Alla chetichella arrivano notizie vaghe, e neanche una buona. L’alta valle è chiusa, non è raggiungibile, è senza energia elettrica, i telefoni non prendono. Poi la doccia fredda, frana alla Malpensà, frana a Valmosca, altre frane, due ponti a Rosazza non ci sono più.
L’ho sempre saputo che l’alta Valle è forte e fragile insieme. Ma i ponti hanno sempre retto bene, ponti secolari e altri più recenti, perché hanno ceduto?! Lo so il perché, ma non lo posso dimostrare, e non lo dico. Diciamo che è la statistica, quella cattiva, prima o poi succede.
Dalla radio, dai media, dagli amici, arrivano via via altre notizie, tutte brutte. A Piedicavallo sono danneggiati tutti i ponti sul torrente Mologna, quello più a monte, pedonale di ferro e legno, è scomparso, mi sembra impossibile, è un ponte molto alto sull’acqua. Danneggiati seriamente gli altri due ponti sul Mologna, quello di pietra e quello più recente della “circonvallazione". Poco dopo, il peggio: il ponte della Coda, quello delle Ravere, quello bello dal profilo romanico elegante, alto sul torrente grazie all’appoggio su un grande scoglio centrale, non c’è più. Era il simbolo di Piedicavallo, di tutta l’alta Valle Cervo.
Due giorni dopo ho visto un signore del posto, un pezzo d’uomo, che ne parlava con le lacrime agli occhi, e non era il solo. Questo ponte elegante e antico aveva un posto nell’anima di tante persone, ed ora è rimasto un vuoto.
Sfilano nella mente ricordi lontani e immagini recenti del ponte della Coda, gioiello della Valle. Quante volte ci sono passato, cento volte almeno, di giorno e di notte, per andare a funghi, per andare alle Selle, per parlare con un amico, per sentire l’aria fresca che scende con il torrente, per vederlo con la neve, o con amici per festeggiare un matrimonio, o per sentire il rumore rassicurante del torrente che ti dice “non preoccuparti, la vita continua”, per controllare a monte i danni di una piena, di tante altre piene, guardando le trote nel Cervo e il merlo acquaiolo che ha il nido poco più giù, con una ragazza innamorata, con un’altra di cui ero innamorato. Ha qualcosa di romantico questo piccolo ponte, ma non puoi abbracciare nessuno qui sopra, il parapetto molto basso ti provoca un brivido di vertigine e d’incertezza. Faccio fatica a parlarne al passato. Comunque, non è mai successo che io sia passato qui distratto, senza guardarlo, senza ammirarlo, senza sentirlo un po’ mio questo vecchio ponte. Un ponte è strumento e simbolo di comunicazione, non può mancare.
Ha vissuto due guerre mondiali, sostenuto il passo di migliaia di uomini e donne e mandrie e greggi e muli e asini e cavalli. Dopo 131 anni (sullo scoglio centrale è incisa la data di costruzione 1889), una piena eccezionale l’ha portato via, in sole 19 ore il Cervo è salito di 6 metri.
Ma a dispetto del tempo che passa lui continua ad esistere nei dipinti, nelle cartoline e nelle mille e mille foto che lo ritraggono e vivrà ancora e sempre nella memoria di chi l’ha conosciuto.
Saremo in tanti a sentirne la mancanza.
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